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86 macchia grigia

vecchio doveva andare appunto allora per quindici dì a Gardegno a far valere i proprii diritti sulla successione di un fratello, morto con molto ben di Dio e senza figliuoli. Il vecchio, già caporale sotto l’Austria, leggeva e scriveva come un notaio, era uomo di conto e per giunta più agile, più vigoroso, più coraggioso di un giovanotto di vent’anni. La fanciulla, nell’assenza del padre, rimaneva ad Idro, affidata ad una santola di settant’anni.

Dottore, ve lo immaginate, andai per quindici giorni ad abitare il pulito e solitario alberguccio di Idro. Tutte le mattine e tutte le sere salivo lungo la stradicciuola erta, torta, sparsa di sassi acuti, che conduce a monte Pinello, e mi fermavo alla casa della montanara gentile. Due giorni disse di no; poi non ci fu angolo erboso di quella scoscesa china su cui non ci si adagiasse a discorrere, di giorno cercando l’ombra più cupa sulle sponde di un torrentello, entro una grotta naturale, negli ampi interstizii dei massi enormi precipitati Dio sa quando dalle creste del monte; di sera, durante le prime ore della notte, cercando una zolla morbida sotto il cielo stellato.

La Teresa, certo, non somigliava alle ragazze di città: la sua pelle era ruvida, la sua passione quasi ferina. Nei primi giorni amava tre cose: il suo padre, le sue capre e me; dopo una settimana non parlava più del padre, non badava più alle capre, mi aspettava sull’uscio del casolare a cominciare dall’alba,