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macchia grigia 83

tra sponda, esercitando più le gambe che il cervello, abbrutendosi anzi a poco a poco nella cara, nella beata libertà del non pensare a nulla e del non far proprio niente.

Quando il cielo è popolato di nubi, spinte a gran corsa dal vento, l’aspetto di quel paese riesce mutabile all’infinito. I monti che si accavalcano, le rupi che portano muraglie ruinate di castelli o chiesette con il loro campanile bianco, i colli bassi coronati di pini, cangiano di figura ad ogni minuto. Ora le nuvole mettono in ombra il dinanzi del quadro, e il sole brilla nel fondo; ora il sole splende sul dinanzi, e il fondo rimane buio; ora invece questa parte o quella del centro stacca nera in mezzo alla luce o luminosa in mezzo all’oscurità, e s’accendono e si spengono ad ogni tratto innumerevoli sprazzi di colori vari e vivissimi.

Bisogna salire sul monte roccioso, che sta di contro alla chiesetta di San Gottardo, dall’altra parte del Chiese. Il monte, verso il fiume, scende a perpendicolo. A destra si vede sulla bizzarra collina la chiesa di Sabbio, alta e sottile; a sinistra si scopre da lontano la Rocca di Nozza, della quale non rimane che qualche pezzo di muro cadente; sotto a’ piedi s’apre il vuoto profondo. Ci si tiene con le mani agli arbusti, e si guarda in giù. Il Chiese corre in arco, rompendo le onde rapidissime ai sassi enormi, di cui è sparso il suo letto. Garbe abbasso, un poco