Pagina:Senso.djvu/65


vade retro, satana 63

giorni di vita, ma in questi pochi giorni pregherò per essi come il padre prega per i suoi cari figliuoli. — Le lagrime spuntarono negli occhi di quel disgraziato.

Dalla via che conduce tosto fuori del paese, il prete, in compagnia di Menico, s’avviò rapido giù per la china; ma, dopo un centinaio di passi, si fermò come avesse scordato una cosa di suprema importanza. Stette un poco a pensare, poi, dandosi coraggio, tornò indietro e bussò alla canonica. Quando il nuovo curato se lo vide ancora davanti, non potè trattenere un moto di dispetto; e Don Giuseppe, confuso, pauroso, bisbigliò: — Perdoni, reverendo; un minuto solo; abbia pietà del misero prete, ch’ella non vedrà mai più. Il suo cuore sia generoso, senta, non s’adiri, mi faccia un dono, il più gran dono ch’io possa ricevere in questo mondo. — L’altro aveva negli occhi l’impazienza, lo sprezzo, l’avarizia, ma sulle labbra il suo perpetuo sorriso. Don Giuseppe continuò, sempre dalla porta, timidamente, umilmente, al modo di uno che implori l’elemosina: — Nella camera v’è un Cristo in croce, il solo conforto mio, e lo ho pregato sempre, e sempre mi ha aiutato, e sempre mi ha salvato dalle tentazioni della carne. Senza quel Cristo non potrei più vivere, nè morire. Reverendo, abbia compassione di me, mi regali quel Cristo. —

Il nuovo curato si avvicinò all’inginocchiatoio e guardò la figura: l’intaglio era gros-