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mondo brutto mi si apre dinanzi. Mi sono guardata bene nello specchio. Sì, sono magra; sì, sono pallida; ma i miei occhi mi paiono neri e grandi, la mia fronte, la mia bocca, tutti i miei lineamenti sono regolari, e il mio corpo non è poi uno scheletro. Non ostante, al mio marito di tre mesi, al mio sposo non piaccio più. Cita le bellezze tonde della baronessa. Le ho viste io quelle sfacciate bellezze: è passata tre volte sotto le mie finestre, seguìta da corteggiatori e da servi, sulla sua mula bianca. Le ho piantato gli occhi in faccia e la ho studiata bene: sulle guance ha il rossetto, sulle labbra la polvere di corallo, e le sue magnifiche sopracciglia sono tracciate col pennello.

Falsa al di fuori come dev’essere bugiarda al di dentro. E mi ha rubata la stima, mi ha rubata l’affezione di Amilcare! Ora, un’ultima parola, signor curato. Amilcare vuole che io vada a visitar la sua ganza. Ho detto di no, ed egli insiste, ed io, caschi il mondo, non voglio. Ho ragione? Ho torto?

Don Giuseppe, mi pigli per la mano. Ella che vede le cose di questo mondo dall’altezza della sua santa pace; m’insegni a uscire dalle bassezze di questi miei nuovi sospetti e dalle viltà di queste mie nuove angoscie. In un mese come è mutata

“La sua disgraziatissima

Carlina.