Pagina:Senso.djvu/38

36 vade retro, satana

sato in tempo. Lasciò la strada; andò su per i sentieri, su per le roccie nude. La notte era diventata scura, e il prete andava senza sapere dove mettesse i piedi. Si trovò a un tratto sulla riva dell’alto lago, uno scolo de’ ghiacciai, dove finalmente il rumore di due torrentelli, che precipitavano dalle cime e si frangevano tra i sassi, e il vento rigido delle gole, e la tosse, che gli spezzava il petto, richiamarono in sè il curato, il quale cadde con le ginocchia a terra e, giungendo le mani e fissando gli occhi nella vòlta tutta nera del cielo, ringraziò con una lunga preghiera il figliuolo di Dio.

In Menico frattanto crescevano le ansie. L’orologio della canonica aveva suonato la mezza dopo le dodici, e il padrone non ritornava. Il vecchietto aveva visto spegnersi i lumi nella villa del barone e sapeva bene che non c’erano moribondi nel paese: dove diamine quella testa sventata era dunque andato a passar la notte? Non s’attentava di allontanarsi troppo di casa; guardava dalle finestre, ma non vedeva altro che tenebre fitte. Se non fosse stato il servo di un sacerdote si sarebbe sfogato assai volentieri con qualche grossa bestemmia. Tendeva le orecchie, un cane aveva abbaiato, nulla; si sentiva un calpestio lontano, ascoltava, nulla. — O il reverendo l’avrà da fare con me. Starsene via tutta notte senza neanche avvisare! Siamo cani? E poi, col rischio di pi-