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sulla interminabile pianura verde, sparsa di villaggi bianchi, di case, di chiese, di campanili.

Entrarono nella sala con fracasso di risa e salti due bimbe, le quali avevano il volto color di rosa e i capelli biondi paglierini. Vedendomi, di primo botto rimasero impacciate, ma poi subito si fecero coraggio e mi vennero accanto. La più grandicella disse:

— Signora, s’accomodi. Vuole che vada a chiamare la mamma?

— No, fanciulla mia, aspetto il tuo babbo.

— Il babbo non l’abbiamo ancora visto stamane. Ha tanto da fare.

— Lo voglio vedere io il babbo — gridò la più piccina. — Gli voglio tanto bene io al babbo.

In quella entrò il generale, e le bimbe gli corsero incontro, gli si avviticchiarono alle gambe, tentavano di saltargli sulle spalle; egli prendeva l’una e l’alzava e le dava un bacio, poi prendeva l’altra; e le due pazzerelle ridevano, e negli occhi del generale spuntavano due lagrime di tenerezza beate. Si volse a me, dicendo:

— Scusi, signora; s’ella ha figliuoli mi compatirà. — Si mise a sedere in faccia a me, e soggiunse: — Conosco di nome il signor conte, e sarei lieto se potessi servire in qualcosa la signora contessa.

Feci un cenno al generale perchè allontanasse le bambine, ed egli disse loro con voce