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senso 297

— No, signora contessa. Sono stati visti i suoi biglietti da visita e il ritratto del tenente Remigio: niente altro, lo dichiaro sul mio onore.


La mattina seguente, prima delle nove, mi feci condurre nella mia carrozza al Comando della fortezza. L’erta mi pareva interminabile: gridavo a Giacomo di frustare i cavalli. Una folla di militari d’ogni colore, di feriti, di popolani, ingombrava il piazzale innanzi al Castello; ma giunsi senza ostacoli all’anticamera degli uffizii, dove un vecchio invalido pigliò il mio biglietto da visita. Dopo qualche minuto ritornò, dicendomi che il generale Hauptmann mi pregava di passare nel suo quartiere privato, e che appena sbrigati certi affari urgentissimi, sarebbe venuto a presentarmi il suo omaggio.

Fui condotta attraverso logge, corridoi e terrazze in una sala, che dominava dalle tre larghe finestre la città intiera. L’Adige, interrotto da’ suoi ponti, si torceva in una S, avente la prima delle sue pancie a’ piedi del monticello su cui sorge Castel San Pietro, e la seconda a’ piedi di un altro bruno castello merlato; e sorgevano dalle case i culmini e le torri delle vecchie basiliche; e in un largo spazio si vedeva l’ovale enorme dell’Arena antica. Il sole mattutino rallegrava l’abitato ed i colli, e dall’una parte indorava le montagne, dall’altra gettava una luce placida