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senso 287

— Chi è?

— Sta qui il tenente Remigio Ruz?

— L’altro campanello, quello di mezzo: alla malora. —

Il fanciullo suonò all’altro campanello. Passò un minuto, che mi sembrò interminabile, e nessuno comparve; il ragazzo tornò a suonare; allora dal secondo piano una voce di donna chiese:

— Chi è?

— Sta qui il tenente Remigio Ruz?

— Sì, ma non riceve nessuno.

— Ho bisogno di parlargli.

— Domattina dopo le nove.

— No, questa sera. Hanno paura dei ladri? —

Passò un altro minuto e finalmente la porta si aprì.

Remigio c’era! la gioia mi spezzava il cuore: mi si offuscò la vista e, non potendo reggermi sulle gambe, m’appoggiai alla muraglia. Poco dopo il fanciullo tornò: s’era fatto mandare al diavolo, ma aveva potuto lasciare l’uscio e la porta socchiusi. Mi tornarono le forze, diedi qualche moneta all’astuto monello, e, strisciando, entrai nella casa. Avevo previsto che mi sarebbero occorsi i fiammiferi; al pianerottolo del secondo piano v’erano due usci, sopra uno dei quali stava appiccato il biglietto da visita di Remigio; spinsi l’imposta, che cedette, ed entrai senza romore in una stanza quasi buia.

Toccavo la cima delle mie speranze, sentivo già le braccia del-