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mi ricordo quale, morì. Ero troppo giovane allora per sentirne rimorso; e dall’altra parte i miei genitori e parenti e conoscenti, tutti affezionati al governo dell’Austria, che servivano fedelmente quali militari e impiegati, non avevano trovata altra orazione funebre in onore del povero esaltato se non questa: — Gli sta bene. —


A Venezia rinascevo. La mia bellezza sbocciava intiera. Negli occhi degli uomini brillava, quando mi guardavano, un lampo di desiderio; sentivo le fiamme degli sguardi rivolti sulla mia persona anche senza vederli. Persino le donne mi fissavano in volto, poi mi ricercavano giù giù sino ai piedi, ammirando. Sorridevo come un regina, come una dea. Diventavo, nella contentezza della mia vanità, buona, indulgente, famigliare, spensierata, spiritosa: la grandezza del mio trionfo mi faceva quasi apparire modesta.

Mio marito, ch’era stato uno dei rappresentanti della nobiltà tirolese nella dieta di Innsbruck, fu invitato con me ai pranzi ed alle conversazioni del Luogotenente imperiale. Quando entravo nella sala con le braccia nude, con il collo e un poco del seno scoperti, con un abito di velo e trine a lunghissima coda, e un grande fiore di rubini a foglie di smeraldi sul capo, sentivo un fremito correre tutt’intorno. Un rossore di compiacenza mi coloriva il viso; facevo qualche passo lento,