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senso 251

letto di santi anacoreti, i quali vivevano in mezzo ai vermi ed alle putrefazioni (quelle, certo, erano lordure), ma credevano di alzarsi tanto più in su quanto più si avvoltolavano nel fango. Così il mio spirito nell’umiliarsi si esalta. Sono altera di sentirmi affatto diversa dalle altre donne: il mio sguardo non teme nessuno spettacolo; c’è nella mia debolezza una forza audace; somiglio alle Romane antiche, a quelle che giravano il pollice verso terra, a quelle di cui tocca il Parini in una ode... non mi rammento bene, ma so che quando la lessi mi sembrava proprio che il poeta alludesse a me.


Se non fosse dall’una parte la febbre delle vive ricordanze, dall’altra lo spavento della vecchiaia, dovrei essere una donna felice. Mio marito, vecchio, acciaccoso, pieno di fiducia in me, mi lascia spendere quanto voglio e fare quel che mi piace; sono una delle prime dame di Trento: corteggiatori non mi mancano, e la cara invidia delle mie buone amiche, invece di scemare, si rinfocola sempre più.

Di venti anni ero, naturalmente, più bella. Non che le fattezze del mio volto sieno mutate, o che il mio corpo sembri meno svelto e flessuoso; ma negli occhi miei c’era una fiamma, che ora pur troppo si va smorzando. Il nero stesso delle pupille mi pare, a guardarlo bene, un poco meno intenso. Dicono che il sommo della filosofia consista nel cono-