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il demonio muto 233

gnarmi, uno solo venne con me travestito per non farsi conoscere. Quella sera sentivo dentro un diavolo: ero ubbriaca di peccato. A un tratto vidi il mio amante traditore accanto a me, il quale stava per gettare nel fuoco la mia chitarra. Sentii ribollirmi il sangue. Nel baccano e nella confusione, appena la chitarra fu sul rogo, io, al rischio di bruciarmi le vesti, mi scagliai sulle fiamme e la trassi fuori intatta. Qualche giorno appresso Angelo fu appiccato in Brescia. Mi ammalai: restai povera e sola. —

La megera si alzò, e continuò il cammino. Era notte scura; non vedevo dove mettessi i piedi; sdrucciolavo; tre o quattro volte fui lì lì per cadere. Il nome del Moro mi rammentava i raccapricci d’infanzia, quando il mio vecchio servo Giovanni raccontava le prodezze del famoso assassino, il quale, per esperimentare la curiosità d’una sua fidanzata, le aveva lasciato in deposito un paniere coperto di foglie fresche, proibendole di guardarvi dentro, e dopo un’ora torna e trova la ragazza in deliquio, perchè ella aveva trovato nel paniere una testa d’uomo tagliata.

La vecchia continuava interrottamente, fermandosi ad ogni venti passi: — Mi nacque a poco a poco nel cuore una cosa nuova, il rimorso. Entrai qualche volta in chiesa; ascoltai qualche messa. Passato un anno, tornò a Bagolino il Beato Antonio. M’acconciai per il primo sermone accanto al pulpito, e vidi