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La stavo aspettando alla stazione di Treviglio. Ell’aveva passato il mese di settembre ad Iseo, in villa, presso la sua famiglia, e doveva partire quel giorno, sola, per Milano. Avevamo combinato che ella scrivesse a Milano annunziando il suo arrivo pel dì seguente con la prima corsa. Si doveva stare in compagnia quell’intervallo di quindici ore: un saggio del paradiso.

Mi sentivo dentro le furie indiavolate dell’impazienza e le prostrazioni delle speranze troppo ripensate. Ora stavo rannicchiato sulla panca della sala d’aspetto, ora camminavo a gran passi nel piazzale della stazione, dove tre o quattro cocchieri di birocci sbraitavano insieme. Tutt’a un tratto mi fermavo e giravo gli occhi verso Treviglio, pauroso di vedere avvicinarsi qualcuno che mi conoscesse, che conoscesse lei. Studiavo l’orario delle ferrovie, alla pagina 26, Venezia-Milano; il treno doveva giungere alle quattro ore e