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quattr’ore al lido 177

fuoco diffuso, di oro liquefatto, di vapore celeste misteriosissimo, di brune macchie minacciose e di bizzarri luccicori d’argento: l’atmosfera del sole vista nel sole non può essere diversa. Ma una ondetta, passandomi sul fronte, mi richiamava alla realtà; e allora io mi gustavo di nuovo la dolcezza di quel giaciglio soffice e fresco. E di botto mi rivoltavo, e coi remi delle braccia e delle gambe, andando rapido, ma in giusta simmetria e senza fatica, vogavo un pezzo; poi sbattevo le mani e i piedi sull’acqua, alzando una spuma candida di perlette, che subito si scoglieva nell’ampio verde.

Il verde nel mare è di una varietà, che gl’impasti dei più raffinati colori e le più sottili velature non possono imitare neanche di lontano. Non parlo delle spiagge e dei mari diversi; lo stesso mare, la stessa spiaggia nella stessa stagione non ha mai la stessa tinta l’un giorno e l’altro. Ad ogni moto dell’acqua corrisponde una gradazione differente di verde, di azzurro, di tinte neutre, e i moti dell’acqua sono innumerevoli, dalla impassibile calma ai furori ciechi della tempesta. Anche senza andare fino allo spavento dei cavalloni, il nuotatore lo sa. Conosce le ondette piccole, che, come il passo rapido e breve di una crestaina, si seguono l’una all’altra senza romore: sono verdoline con un pizzico di giallo. Conosce le ondette larghe,