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santuario 171

Mi cacciai per entro alla confusione. Fra quelle sculture, che parevano la verità viva, fra quelle madri nel parossismo del dolore, fra quei fanciulli squartati, vidi finalmente una figura di donna stesa a terra con le mani insanguinate, con le vesti a brandelli, coi capelli biondi, ed un sorriso angelico sulle labbra bianche, e nel volto una espressione di beatitudine soprannaturale. Stringeva al petto uno dei putti di terra cotta, roseo e ricciuto. Era gelata, il suo cuore non batteva più, viveva unicamente nel suo sorriso. La coprii con la mia pelliccia, e corsi fuori per cercare aiuto.

Passava giù nella strada del cimitero, quasi a piombo, il funerale del barbiere. Mi posi a gridare con tutta la forza de’ miei polmoni: — Signor rettore, signor rettore, suor Maria è moribonda qui nella cappella; non c’è un minuto da perdere; venga, per carità, venga subito. — Il rettore diede uno sbalzo, piantò lì la bara, e principiò a salire con quelle sue gambe a pertica, saltando sulla neve, facendo passi da gigante, aiutandosi con le ginocchia, con le mani, affrontando senza esitare gli ostacoli, non curando i pericoli, volando. Quando giunse all’oratorio, la bella bionda, ch’era morta, sorrideva ancora.