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pazienti, e due preti vecchi, i quali stropicciavano i piedi sulla neve, temendo di scivolare a ogni passo. Dietro alla bara venivano sei Figlie di Gesù, delle quali le voci limpide, soavemente accordate insieme, destavano gli echi lenti della montagna. Dieci o dodici persone chiudevano il breve corteo, che andava strisciando come un serpe le curve della strada stretta.

Intanto io giungevo alla seconda cappella, poi alla terza, alla quarta. Le orme si fermavano alla porta di questa ultima. Esclamai con gioia: — È salva, — e mi precipitai nell’interno dell’oratorio. Chiamavo: — Suor Maria, suor Maria. —

Tutto era sossopra. Una parte del cancello, scassinata a forza, stava rovesciata sul pavimento; le figure in terra cotta rappresentavano la Strage degli Innocenti. Tutti i bimbi erano stati strappati dalle branche dei carnefici, e deposti regolarmente l’uno accanto all’altro sul gradino del parapetto. Ai manigoldi mancavano la testa, le mani o le braccia, e codeste membra si vedevano sparse sul suolo. Erode, circondato dai grandi satrapi e dalle sue cortigiane, guardava impassibile dall’alto del trono alla bizzarra punizione dei proprii sgherri; e costoro, in attitudini furiosamente crudeli, mutilati a quel modo, apparivano anche più spaventosi, mentre le donne discinte, disperate, continuavano a trascinarsi alle loro ginocchia, implorando pietà.