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vade retro, satana 15

Queste ultime parole vennero pronunciate con molta enfasi dal dottore, il quale teneva i suoi occhi furbi fissi negli occhi ingenui del prete. Seguì un silenzio, in cui si potevano udire i canti e le risa della gente del villaggio raccolta nella piazzetta della fontana. Il curato meditava. Fece un gesto risoluto, andò a pigliare il collarino nell’armadio, se lo affibbiò senza guardarsi nello specchietto che, appeso ad un chiodo sul telaio della finestra, gli serviva per radersi la barba, e infilò la sua veste nera, l’unica che avesse; poi disse: — Andiamo. —

In quel punto al baccano sempre crescente dei villani s’unì un gran frastuono di trombe, di corni, di cornette e d’altri strumenti d’ottone, i quali stonavano e scroccavano maledettamente; e, fuori del paese, sul dorso del monte, rispondevano gli spari dei mortaletti. Era una festa solenne: avevano fatto venire la banda musicale dal capoluogo del circondario, niente meno; ed il Capocomune presiedeva alla cerimonia. Si trattava anzi di una vera marcia trionfale. Gli eroi erano due ragazzi in sui dodici anni, l’uno bruno, l’altro biondo, incoronati di fiori selvatici, e tirati in uno di quei veicoli, i quali servono in montagna a trasportare il letame, ed hanno, curvi come sono al dinanzi, un certo aspetto d’antica biga romana. Il carro, tutto a ghirlande e a festoni, era tirato da due maestosi buoi bianchi, ma i due fanciulli, anzichè mostrare