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santuario 155

al fioco lume le pietose istorie di bimbi malati in cuna, di operai precipitati dal tetto, di viandanti assassinati, di carrozze rovesciate, di case fulminate, di navi naufragate, di terribili massacri in battaglia; cuori d’argento con la loro fiamma; corone, croci, grucce, stampelle; ghirlande e mazzi di fiori artificiali; nastri di seta con frange inargentate; bambole e altri ninnoli da ragazzi: in somma, una farragine di roba, che copriva dall’alto al basso le pareti delle navi e del presbiterio, le facce dei pilastri e i fusti delle colonne.

Il vento, soffiando, scuoteva i vetri delle finestre, e vi schiacciava sopra violentemente i larghi fiocchi di neve; ma nella chiesa si sentiva un tepore grave e umido, con un odore stagnante, nauseabondo d’incenso.

Nell’uscire si passò a lato di un confessionale, dove, ritto, al posto del confessore, stava immerso nell’oscurità un fantasima. Era la fanciulla bionda, immobile come una morta. Il rettore le parlò sottovoce, poi la affidò a Pasquale, che la menò pian piano al fondo del portico, dove l’aveva condotta quando la incontrammo nell’atrio. Il rettore bisbigliava:

— Poveretta, poveretta! —

Il momento mi parve buono per tornare alle domande; ma il prete si contentò di rispondere:

— Non fa male a nessuno; gira da sè dappertutto, quieta, trasognata. Non dorme quasi