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124 | il collare di budda |
e poi una ragazza tutta per lui, così pura, così innocente; infine si trattava di poche lire; era una spilorceria, una sordidezza; o con chi credeva di aver da fare? le persone si devono apprezzare per quel che meritano, e lei e la figliuola volevano essere tenute in conto di donne dabbene; l’aveva intesa sì o no?
Gioacchino diede le ultime venticinque lire. Oramai dei risparmi sull’onorario, che aveva concesso a sè medesimo, gli restava qualche misero soldo; ma il giovine si sentiva tanti bollori addosso, che l’intaccare all’occorrenza d’un altro centinaio di lire le ventimila, che il suo danaro doveva in quell’anno fruttargli, non gli appariva la cosa più atroce di questa terra mortale.
Irene stava sdraiata sull’ottomana. Faceva un caldo grave umido, soffocante. Era vestita d’una sottana piuttosto corta e d’un casacchino, dal quale s’erano strappati quasi tutti i bottoni. Gioacchino, vedendola, si rasserenò: i suoi occhietti si spalancarono, il viso smorto pigliò un bel colore rosato. Bisbigliò nell’orecchio della fanciulla la eterna parola:
— Mi vuoi bene?
L’altra rispose a voce alta, ridendo:
— T’adoro.
— Ami me solo? Pensi sempre a me? Io, vedi, darei tutto il mio sangue per la mia cara Irene.
E le rimproverò dolcemente il morso della