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114 il collare di budda

momento la direzione della stradicciuola larga un metro o poco più, andava a battere sul lastrico, diventato una striscia di fuoco bianco; sicchè, quando l’inquieto giovine s’affacciò alla finestra, gli parve di accecare. A poco a poco, assuefattosi alla luce, fermò lo sguardo all’estremità della calle, sul ponte storto e su quel caro verde dei rii veneziani, che riposa la vista. Gioacchino trovò infatti un istante di requie nel bel colore di smeraldo oscillante.

Giù nella calle, all’ombra di una tenda rossa a rappezzi, stava seduto Zaccaria, nella bottega del quale si vedeva un paio di scarpe rotte esposte accanto ad un bacile lustro di rame, tutto figure a sbalzo, simile ai piatti enormi che brillano nel negozio ambulante di Zamaria dalle fritole; accanto ad un paio di calzoni rattoppati e ad uno spiedo arrugginito stava una spada ad elsa dorata, eredità d’un consigliere aulico dell’Austria, ed una tabacchiera con certi amorini allegri, miniati un secolo fa da un pittore francese.

Gioacchino dal suo quarto piano chiamò: Zaccaria. — Zaccaria alzò le due punte della barba grigia. Il giovine gli chiese con voce rauca: — C’è stato nessuno? — L’altro si contentò di stringersi nelle spalle, e tornò a guardare per terra.

Il giovine, rientrato nella penombra della sua camera, s’era messo a guardare una specie di pesante monile di metallo bianco, largo quattro dita, sul quale stavano incise in ca-