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macchia grigia 107

In quattro salti fui alla chiesa, quella del paese basso. In una stanza umida annessa alla sagrestia avevano esposto il corpo dell’annegato. La stanza era piena zeppa di contadini. Uno diceva: — Chi lo deve conoscere? Si vede bene da’ panni che non è del paese.

Un altro soggiungeva: — Io dico che è tedesco.

— No, è di Milano.

— Indosso non gli hanno trovato niente? — chiedeva un giovinotto.

— Niente: nè una carta, nè un soldo.

— Si sarà affogato per la miseria.

— Io dico che è cascato nel fiume.

— Io dico che ve l’hanno gettato.

— L’occhio è da demonio.

— Con quella bocca aperta sembra che ci voglia mangiare vivi.

Una bambina si nascondeva, tremando, dietro al corpo del padre, e ripeteva: — Ho paura, ho paura; andiamo via.

Il padre intanto esaminava da vicino l’abito dell’annegato, lo toccava e sentenziava: — Bel frustagno! Dev’essergli costato caro.

M’ero cacciato innanzi tra la folla. Il vecchio del Ponte dei Re fissava gli occhi nel mio volto, sinistri, minacciosi. Sentivo in quello sguardo immobile un supremo rimprovero. Alle orecchie mi ronzava un soffio da tomba, che diceva: — Tu mi hai lasciato morire: sii maledetto. Tu potevi salvarmi, tu mi hai