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alcuna cosa a questa simigliante, dimmi, ti prego, gli dissi io, dove ti trattieni, e che cosa fai? Poichè sono assai desideroso d‘intendere da te per quali tue operazioni sii chiamato bello, e buono, imperciocchè nè ti stai molto tempo rinchiuso entro la tua casa, nè in alcuna cosa si dimostra singolare l’esteriore figura del tuo corpo. E Iscomaco ridendosi di queste parole, che io aveva detto per quali tue operazioni sei chiamato bello, e buono e compiacendosene secondo che mi parve, risposemi: veramente, se teco ragionando di me alcuni mi chiamino a questo modo io nol so: questo però so io bene, disse egli, che quando mi chiamano alla permutazione, o a comandare alle triremi, o a presiedere ai cori, niuno va cercando di quel bello, e buono, ma nominandomi chiaramente col paterno nome d’Iscomaco, mi chiamano in giudizio. Io poi, o Socrate, non mi sto molto tempo in casa, come tu già dicesti, perchè tutte le cose di casa la mia donna sa ella ottimamente governare. Questo pure, dissi io, assai volontieri saprei da te, o Iscomaco, se ammaestrasti tu stesso la tua donna ad essere quale si richiede, o vero la prendesti già ammaestrata dal suo padre, e dalla sua madre a governare tutto ciò, che si appartiene. E come, disse, o Socrate, l’avrei io presa già di tutto questo ammaestrata, se venne ella a me prima ancora, che