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e che non ci faccia d’uopo di procacciarci altre richezze. — Io, disse Socrate, se di me parli, veramente stimo di non abbisognare di altre ricchezze. ma di averne a sufficienza: tu poi, Critobulo, mi sembri affatto miserabile, ed alcuna volta del tutto ti compiango per la tua povertà. — Allora Critobulo ridendo: e quanto credi tu, o Socrate, che troveresti de’ tuoi beni vendendoli, e quanto io de’ miei? – Io penso, disse Socrate, che se mi scontrassi in un buon compratore, coll’abitazione, e con tutte le altre cose che posseggo di ritrovarne assai agevolmente cinque mine. I tuoi beni poi so benissimo che ne troverebbero più di cento volte cotanto. — E sapendoti questo, pensi tu, o Socrate, di non aver bisogno di altre ricchezze; me poi compiangi per la miseria. — Perchè i miei averi bastano a fornirmi quanto mi abbisogna: per quella maniera poi di vivere che hai presa, e per quella opinione in cui sei tenuto, neppure se tre volte quanto ora possiedi, ti si raddoppiasse, non mi parrebbe che potesse bastarti. — Com’è ciò? disse Critobulo. — E Socrate: in primo luogo perchè vedo che di necessità si richiede che tu faccia molti, e splendidi sacrificii, altrimenti credo che non tel comporterebbero nè gli Dei, nè gli uomini. Appresso ti conviene ricevere molti ospiti, e questi con grande orrevolezza: appresso ti fa d’uopo dare conviti ai cittadini, e be-