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piacersi del guadagno, imperocchè veramente il mio padre, o Socrate, per propria natura si era l‘uomo il più amante del coltivamento della terra fra tutti quanti gli ateniesi. Come ebbi udito questo, io mi feci così a domandargli: cotesti terreni, o Iscomaco, che il tuo padre così aveva coltivati, li riteneva egli tutti in suo potere, o vero anche li vendeva, quando ne avesse trovato molto denaro? Sicuramente, disse Iscomaco, che li vendeva, ma tosto ne comperava altri, che fossero oziosi per l'amore che aveva di affaticarsi nell‘agricoltura. Tu mi dici nel vero, o Iscomaco, soggiunsi io, che il tuo padre fu amante del coltivare la terra, come alcuni mercatanti sono amatori del grano, poichè anche cotesti mercatanti per lo grande amore che portano al grano, dove odono che ve ne sia di molto, colà si recano colle loro navi varcando o l‘Egeo, o l’Eusino o il Siculo mare: quindi prendendone quanto possono il più, lo conducono al mare ponendolo nella nave medesima in cui essi navigano: quando hanno poi bisogno di denaro, non lo danno gia così a caso a chiunque lo richieda, ma dove sentono che il grano sia tenuto in maggior pregio, e dove gli uomini fanno di quello un maggior conto, quivi essi recanlo e il vendono, ed anche il tuo padre dovea essere a questa guisa amante dell‘agricoltura. Allora Iscomaco disse: tu ti prendi gioco di me, o So-