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rasse un podere ottimamente coltivato, ma qualunque, o per la trascuraggine, o per la povertà di chi lo possedeva, fosse ozioso, e senza piantagioni di utili alberi, questo esortava che si comperasse; perchè, diceva, che quei poderi, che sono ben coltivati, e si acquistano con grande dispendio, e non possono poi migliorarsi, e quello, che non si può rendere migliore, parevagli che nemmeno potesse recar diletto, ma ogni terreno che si possegga, ed ogni animale che si nutrichi, andando ogni giorno a rendersi migliore, giudicava, che veramente dovesse ognuno far lieto: niuna cosa poi di così gran miglioramento è capace, quanto un campo che dall’essere ozioso si conduca a generare ogni sorta di prodotti. E tu ben sai, o Socrate, come noi abbiamo dei poderi resi già di un valore assai più grande di quello, che per lo innanzi potesse loro attribuirsi: e questo trovato, o Socrate, cotanto utile, egli è pure così agevole ad apprendersi, che tu ora avendolo udito da me, partendotene lo sai egualmente che io, e lo insegnerai anche ad altri, se il vorrai; e il mio padre non lo imparò già da altri, nè venne a discoprirlo con molte meditazioni; ma sendo egli amantissimo del coltivare i campi, e molto piacendogli di esercitarsi nella fatica, vennegli brama di avere tali campi, ne quali potesse nel tempo medesimo, e affaticarsi a coltivarli, e com-