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Dopo tutto questo, il servo fattogli prima dare una volta nella polvere mi riconduce a casa il cavallo, recando insieme dalla campagna quello che per avventura ci abbisognasse nella città: io poi, parte camminando a lento passo, e parte correndo, ritornato a casa mi forbisco dal sudore, e dalla polve, quindi pranzo quanto si richiede, o Socrate, per non avere a passare la giornata nè affatto digiuno, nè troppo sazio. Veramente, o Iscomaco, diss’io, questa tua maniera di vivere assai mi piace, perchè così a un tempo provvedi a mantenerti la sanità, e la robustezza del corpo, e ti addestri agli esercizii della guerra, e attendi a quelle cure, che si richiedono ad acquistare ricchezze, onde tutto quello che tu fai mi pare mirabilissimo, dando ben chiaro a divedere come con ottimo avvedimento ti conduci a conseguire tutto quello, che già dicesti, veggendoti noi per lo più, coll‘aiuto degli Dei, starti sano, e gagliardo della persona, e sapendo che sei annoverato fra i più abili cavallerizzi, e fra quei cittadini, che abbondano di maggiori ricchezze. Eppure, disse, o Socrate, per queste medesime opere vengo da molti vituperato, e tu credi forse che io ti narri quelle cose per le quali sono chiamato bello, e buono. Ma anche di questo era per domandarti, o Iscomaco, se hai avuto alcuna cura per sapere difenderti, ed accusare dove ti avvenga di averne d’uopo. E non ti pare egli, o