hai lasciato di desiderare. A questo s’aggiunge che non è dolore, che talvolta non s’interlassi, o che del tutto non si toglia via. Oltra di questo può l’uomo guardarsi dal dolor, che debbia venire; et opponersi con rimedj a quello, che gli soprastà; perchè ogni dolore manda innanzi i segni prima che venga, come quello, che ritorna sempre al suo solito. Il patir l’infermità è tollerabile; se disprezzerai quel che minaccia per l’ultimo. Non voler far i tuoi mali più gravi di quel che sono, e caricarti di lamenti. Il dolor è leggiero, se l’opinione non v’aggiunge cosa alcuna: e per il contrario se comincierai a farti buon animo, e dire: questo è niente, o poco, sopportiamolo, mancherà pure; lo farai leggiero, pensando che sia così. Ogni cosa vien sospesa dall’opinione, la quale non è particolar dell’ambizione, nè della lussuria, nè dell’avaría. Ci dolemo secondo l’opinione, e ciascheduno è tanto misero, quanto s’immagina d’esserlo. Io giudico che si debbiano tor via queste condoglienze degli passati dolori, e quelle parole che si sogliono dire: Non fu mai uomo, che avesse peggio di me. Che tormenti! quanti mali ho patiti! Niuno si credè ch’io mi dovessi levar di letto: quante volte sono stato pianto dai miei; quante volte abbandonato dai Medici! Non si travagliano tanto coloro, che sono messi al supplicio. Che contutto che queste cose, che si dicono, siano vere, sono non dimeno passate. Che giova rinnovar gli passati dolori, et esser misero, perchè sei stato? E che non vi sia uomo, che non aggiunga pur assai agli suoi mali, e che