E di qui viene che la Podagra, e la Chiragra, e tutti i dolori d’ossi, e di nervi, facendo tregua, dan qualche riposo, dopo che hanno addormentato quelle parti, che tormentavano; et in tutti questi mali quel che travaglia, è quel primo assalto del dolore; ma quest’empito s’estingue con la lunghezza, e il fin del dolore è l’aver perduto il senso. Per questa medesima cagione il dolor de’ denti, degli occhi, e degli orecchi è acutissimo, nascendo nell’estremità del corpo: non meno che fa anco il dolor della testa; ma quanto è più intenso, tanto più presto se ne va via, e si converte in stupidezza. Quel che dunque ne consola in un smisurato dolore è, che è necessario che tu lasci di sentirlo, se lo senti troppo. E quel che tratta male gl’ignoranti nel tormento del corpo, è che non si sono accostumati di contentarsi nell’animo; et il più hanno avuto da fare col corpo. E però l’uomo grande e prudente divide l’animo dal corpo, e conversa assai con quella migliore, e più divina parte; e con questa dolorosa, e fragile, quanto è bisogno. Ma è fastidiosa cosa, mi dirai, esser privo degli soliti piaceri, l’astenersi dal cibo, e il patir fame, e sete. Io lo confesso che l’astenersi da queste cose nel principio dà noja; ma poi quel desiderio, che avemo d’esse, si raffredda; stancandosi da loro stesse, e mancando le cose, desideriamo. E di qui procede il fastidio dello stomaco, di qui nasce che l’avidità del cibo in un che l’abbia desiderato, si converte in odio, perchè i desiderj periscono. E non è dura cosa il privarsi di quello, che