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disprezza la morte. Tuttavolta che saremo liberi da questa paura, non sarà cosa, che n’attristi. Tre cose sono gravi in ogni sorte d’infermità: il timor della morte, il dolor del corpo, e l’aver interlassato i piaceri. Della morte s’è detto abbastanza, però dirò solo, che questa paura non procede dall’infermità, ma dalla natura; perchè l’infermità ha molte volte prolungato la vita a molti, a’ quali l’immaginarsi di morire è stato salute. Tu morirai, non perchè sei ammalato, ma perchè vivi; e questa morte t’aspetta anco quando sarai risanato, sebbene allora non cercherai di fuggir la morte, ma solo l’infermità. Or ritorniamo all’incomodo, ch’è proprio del male. Gran tormenti apporta l’infermità; ma sono però tollerabili, perchè fanno degl’intervalli. Perciocchè un intenso dolore tosto ritrova il fine: niuno può patir gran dolore, e lungamente; di maniera ci ha ben ordinati la natura affezionatissima nostra, che ha fatto ch’il dolor sia o tollerabile, o breve. I gran dolori consistono nelle più magre parti del corpo: i nervi, gli articoli, e gli altri membri tenui si sdegnano fortemente, quando generano nella lor strettezza qualche difetto. Ma tosto queste parti si fanno stupide; e col dolor istesso perdono il sentir d’esso dolore. E questo avviene o perchè lo spirito, distolto dal suo corso naturale, e mutato in peggiore, perde quella forza, con che ne dà vigore, e n’ammonisce; o perchè il corrotto umore, poichè non ha più dove corra, opprime se stesso, e toglie il senso a quelle parti, le quali ha troppo empíto di se.