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dall’usanza. Vuoi tu contra questo corpo esser libero? Abitavi come quello che ne debbi uscire: presupponi nell’animo che tu debbi esser privo, quando che sia, di questo ricetto; e quando sarai forzato d’uscirne, ti troverai più animoso. Ma come può cader nel pensiero il lor fine a quelli, che desiderano ogni cosa senza fine? Di niuna altra cosa è più necessaria la meditazione, che di questa. Perciocchè il pensare all’altre cose è forse un esercitarsi fuor di proposito; perchè se ci accomodiamo l’animo a sopportar la povertà, continuandoci le ricchezze, non bisogna: se ci armiamo per disprezzar il dolore, perseverando la sanità, l’integrità, e la felicità del corpo, non accaderà mai che noi mettiamo in opera questa virtù. Se ci proponiamo di patir fortemente la perdita degli nostri; conservandoci in vita la fortuna tutti quelli che noi amiamo, e facendoli sopravvivere a noi, non sarà necessaria quella deliberazione. Ma verrà ben fermamente il giorno, che richiederà l’uso di questa sola meditazione. Non bisogna che ti dii ad intendere, che questo valore di rompere questa claustra della servitù umana, sia stato solo in que’ grand’uomini; nè che giudichi che questo non si possa far se non da un Catone, il quale cacciò dal petto con le sue mani proprie l’anima, che non have potuto mandar fuori col ferro. Perocchè molti uomini anco di vilissima condizione, spinti da grandissimo impeto, uscendo di questi travagli, si sono dati alla vera sicurezza e quiete: e non essendo lor concesso di morir comodamente, nè di eleg-