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non si trova, o vi si trova distemperato, e dilavato sì fattamente, che somiglievol direbbesi a vino di sua natura piccante, il quale esibiscasi a bere con molt’acqua mesciuto: lo che potrà chiunque a suo bell’agio toccar con mano, sol che ne instituisca un po’ di confronto. Io avea in pensiero di trarre da queste due traduzioni qualche squarcio d’una medesima Lettera, e porlo qui sotto, onde venisse a rilevarsi la diversità, che passa tra loro; ma poi, meglio riflettendovi, pensai bene di soprassedere, e di lasciar ch’altri da se prenda a farne tale disamina.

Non riuscirà però ingrata cosa a’ leggitor cortesi l’intendere il come giunto siami alle mani il prezioso autografo di queste undici Lettere, delle quali ignoravasi onninamente l’esistenza, perchè non trovasi fatto cenno da chicchessia nè che il Caro a tradurre si desse mai l’Epistole di Seneca, nè in qual tempo facesselo. Del picciol codice adunque io mi professo debitore alla generosa amicizia dell’Ornatissimo Abate Daniele D.r Francesconi, cima de’ letterati nostrali, che con altre parecchie rarità bibliografiche dissotterrollo in Roma, non so per quale accidente. Egli a me il conces-