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altri non fecero, e andò in voga di modo, che resesi pressochè universale. Rinverrassi sibbene tra le persone sedicentisi di spirito chi mal saprà tessere volgarmente un periodo, che non zoppichi da qualche parte, ma tra loro non si rinverrà chi non sappia, all’uopo, rompere al prossimo suo il timpano dell’orecchio con un turbin furioso di chiacchiere francesche.
Se nella Satira VI. Giuvenale mena alto scalpore, e querele, perchè in Roma di que’ tempi le patrie usanze, dalla veneranda antichità consecrate, e il bel sermone del Lazio, e gli abiti pur anco e gli adornamenti nazionali da que’ sazievoli e imbastarditi nepoti di Romolo aveansi a schifo per malnata cacoete, che quasi epidemico malore appiccossi a maschi e a femmine, di grecizzare in tutto, talchè disdicevole e in certa guisa indecente reputata un’azion’era, che fatta non fusse alla greca: perchè non potrò io lamentare a mio beneplacito la foja, onde fatalmente van sopraffatti tanti di noi, degeneri dagl’Itali prischi, non tanto di adottare stranj nel viver usi, e stranie nel vestir fogge, quanto di apparare, col sagrifizio della bellissima nostra, della quale sento-