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la storta, acciò esca la virtù: e forza di detta compositione, la quale in ultimo cavata dal recipiente, serbate in ampolla di vetro ben turata con cera. Et volendola adoperare, togliete una parte di questa acqua, et un'altra di giulebbe, et se li denti fossero molto negri, metterete manco giulebbe, e se non vi fosse giulebbe, vi metterete dentro un pochino di zucchero bianco, o condido, overo un poco di mele, e disfatto che gli sarà, con uno stecco poscia di radice di malva secco, o di rosmarino, o altro simile intinto in detta acqua vi nettarete i denti uno per uno, e netti che saranno, non è dubbio alcuno che la gengia incarnerà penetrando, e colando giù per il dente che se dimena disecca la gengia, e lo rafferma. E mentre che si tocca con quest'acqua, se fosse bisogno di raschiare via il tartaro attacato al dente con ferro, facciasi destramente, tenendo il dente fermo, con la punta del dito, quando si raschia, avertendo che il ferro sia molto acuto, e ben affilato, come sarebbe a dire la punta delle forbici nostre da chirurgico. Et levato che sarà il tartaro d'intorno al dente, il rinettarete un'altra volta con detta acqua, e cosi fate tante volte che habbiate il dente netto come una perla. Per finirli poi di raffermare quando si dimenano, rompete la storta, pigliate quel pane bianco, e duro come una pietra, che dentro vi è rimasto, et rompendolo, ne torrete quanto una noce, e fatta grossamente pol vere

Come si adopera detta acqua.

Denti netti più si conservano.

Le feccie di detta acqua a che giovano.