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di Berthelot non diverrebbe rigorosamente vero che allo zero assoluto. Ma ad alte temperature prevalgono i processi endotermici, e chimici che vivessero abitualmente a 3000° potrebbero enunziare piuttosto un principio del minimo lavoro.

Il libro finisce con un capitolo dedicato allo studio della affinità chimica, limitatamente al caso della attrazione dell’acqua nei sali idrati e nelle soluzioni. Si trova qui un germe di cui vedremo subito sbocciare i frutti. Giudicando nell’assieme, possiamo dire che poche opere singole hanno portato simultaneamente alla luce tanti fatti nuovi e tante idee feconde di applicazioni.

Da questo momento l’opera di van ’t Hoff si biforca, per così dire: mentre egli prosegue, come proseguirà poi per tutto il resto della sua vita la ricerca sperimentale degli equilibri eterogenei e particolarmente dei sistemi condensati, dedica invece il meglio della sua attività nel campo teorico allo studio di un altro problema fondamentale: la teoria delle soluzioni diluite e la ricerca dello stato molecolare delle sostanze disciolte.

La teoria delle soluzioni è, almeno nelle sue linee generali, così nota oggi ad ogni persona anche mediocremente colta, che parrebbe superfluo il riandarla qui, sia pure per sommi capi; sibbene potrà essere interessante il considerarne la genesi, che è certo meno conosciuta. Tale genesi non sarebbe difficile rintracciare nelle opere del nostro, ma di più egli la espone chiaramente in un suo discorso tenuto alla Società Chimica di Berlino nel 1892 Wie die Theorie der Lösungen entstand.

L’origine deve ricercarsi in quegli stessi Studi di dinamica chimica di cui abbiamo discorso fin qui. Egli cerca di rendersi conto della affinità che trattiene l’acqua nelle soluzioni e negli idrati salini e, come già Mitscherlich, pensa di trovarne una misura nella diminuzione della tensione di vapore di questi sistemi in confronto dell’acqua pura; ma il valore assoluto di queste differenze gli sembra piccolo di fronte alla grandezza che egli aveva l’impressione dovessero avere anche le minime forze chimiche, e si mette allora la questione se questa attrazione dell’acqua non possa misurarsi in un modo più diretto.