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esiste una filologia indiana? 357

denti. Così i racconti intorno a Vikrama nel libro XVIII del K.S.S., formano già un ciclo al quale in seguito si aggiunsero altre saghe sullo stesso eroe; un piccolo epos forma, nel libro XVII, il racconto di Muktâphalaketu e di Padmâvatî. Anche il racconto cornice del K.S.S. — la storia di Udayana — formò ben presto un epos romantico, che al tempo di Kâlidâsa raccontavano i vecchi della città Avanti.1

Ci troviamo dunque di fronte a rielaborazioni di epopee popolari, che tutto induce a credere composte originariamente in prâerito. Esse avevano un carattere, per così dire, borghese: si indirizzavano alla classe meno erudita della popolazione, e non ai più colti e più raffinati: serva di prova la testimonianza or ora citata di Kâlidasâ. Evidentemente, la lingua di cui si servivano i cantori doveva esser tale, da poter essere intesa dall’uditorio al quale quei racconti si rivolgevano: una lingua, dunque, popolare: non il sanscrito, ma un prácrito. Del resto, una prova del fatto sta in ciò, che la Brihat-Kathâ di Gudhya era composta appunto in prâerito. Il tempo del maggior fiorire dell’epica romantica è in rapporto diretto con quello in cui fiorì l’autore della Brihat-Kathâ, dalla quale, come già vedemmo, trassero origine le successive rielaborazioni sanscrite contenute nel K. S. S. Ora, Gudhya visse, per (pianto ne sia incerta l’epoca esatta, nel primo o al più tardi nel secondo secolo d. C.: sicché è lecito far risalire il materiale ora studiato di epica romantica, al più tardi a quell’epoca, e più addietro ancora, se si considera il tempo necessario perchè le saghe e le novelle si formino e si sistemino in linee ben definite. Più lontano ancora potremmo risalire, se prendessimo in considerazione i jâtaka buddistici, considerandoli tuttavia, non come prodotti di epica romantica in lingua popolare, ma come testimoni e riprova dell’esistenza di essa.2

Qui dunque noi abbiamo l’«epica popolare in lingua popolare», che il Grierson e il Barth postulavano a buon diritto, ma che ricercavano a torto nelle due maggiori epopee letterarie. Si tratta insomma di una grande corrente, parallela ma distinta da quella dell’epopea eroica.3

  1. Cfr. Jacobi, l. c. pagg. 411-12.
  2. Cfr. Jacobi, l. c. pag. 412.
  3. Cfr. Jacobi, l. c. pag. 412.