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342 | “scientia„ |
La paura, p. es., se intensa e subitanea, rende impossibile ogni e qualsiasi stato d’attenzione, e può dar luogo — come nel caso classico del viandante che attraversa di sera un folto bosco — a quelle allucinazioni così caratteristiche, citate e descritte in tutti i trattati di psicologia e di psicopatologia. L’uomo di «sangue freddo», al contrario, è quello che all’improvviso stormir di foglie, che anche in lui evoca nel primo momento l’imagine d’un qualche malandrino o d’un qualche animale temibile nascosto fra le piante, non fugge, ma, trattenuto dalla ripugnanza di agire da pusillanime, guarda «con attenzione» se si tratta veramente d’un essere vivente e di che genere, oppure se non sia stato piuttosto il vento.
Analogamente, nello stato passionale, è l’unicità stessa della tendenza affettiva ipertrofica, caratteristica d’un tale stato, ciò che lo rende incapace, verso tutto quanto ha rapporto colla passione stessa, d’una vera e propria attenzione, e che lo rende perciò soggetto a tutte le auto-suggestioni ed allucinazioni d’un Otello.
Parimente, nei monomani, quali il delirante cronico affetto da mania di persecuzione e simili, manca la contro-affettività del dubbio di essersi ingannati; essi sono dei mono-affettivi nel senso più assoluto della parola, incapaci quindi, essi pure, di uno stato vero e proprio d’attenzione.
La mancanza d’una qualsiasi contro-affettività, in tutti questi casi, produce l’assenza assoluta dei «riduttori antagonisti», come direbbe il Taine, che inibiscano le auto-suggestioni od allucinazioni provocate dall’unica affettività in giuoco, le quali imperano indisturbate e sovrane. Mentre una grande attenzione, come lo dimostrano, p. es., le esperienze del Binet sulla suggestibilità degli scolari, salvaguarda sempre anche dalla suggestione che possa venire esercitata da altri, appunto perchè in essa diviene intensa l’affettività contraria di timore di sbagliare1.
- ↑ H. Taine, De l’intelligence, 8me édition, Paris, Hachette, 1897, Tome premier, pag. 95 e seg.; e A. Binet, La suggestibilité, Paris, Schleicher Frères, 1900, pag. 166, 177-178, 186, 191, 196, 200 ecc.