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sima facilità quando non ci pensa, lo fa per lo più in modo mi po’ impacciato e discontinuo se richiesta di farlo da qualcuno che desideri avere un suo autografo. «Giacche, in tal caso, ogni tratto di penna soggiace dapprima ad una breve sospensione e richiede un certo sforzo di volontà per essere incominciato e compiuto, nel tempo stesso che i passaggi da un tratto di penna al successivo sono studiati e stentati, anziché liberi e scorrevoli»1.

In alcuni casi d’attenzione, sia pure molto intensa, l’antagonismo affettivo appare però meno evidente: l’amante della Tosca, p. es., sottoposto alla tortura, desta interesse e attira l’attenzione di tutto il teatro. Dove è in tal caso l’antagonismo affettivo ì Eppure un po’ di riflessione ce lo fa scoprire subito. Da una parte, si ha, a seconda dell’indole dello spettatore, la tendenza a gettarsi sul feroce Scarpia per ucciderlo, oppure a gettarglisi in ginocchio per implorare clemenza insieme alla Tosca, oppure a correre a liberare senz’altro l’infelice respingendo a viva forza gli esecutori materiali del supplizio, o magari a supplicare questi ultimi: dall’altra, la tendenza, acquisita dall’«uomo di società» co111 educazione o per via d’abitudine, diretta a non fare ciò che ormai è «pacifico» non debba esser fatto o diretta ad evitare il ridicolo di simili atti, ridicolo che ci appare di per se evidente dalla consapevolezza che ciò cui si assiste non è che finzioni’. Ohe la cosa stia proprio così è dimostrato dagli spettacoli popolari, dove l’attore che rappresenta la parte del tiranno è spesso ingiuriato dal pubblico e talvolta anche colpito da effettivi proiettili, più o meno innocui, lanciati dagli spettatori più ingenui. Chi scrive si trovò una volta presente ad uno di questi drammi a forti tinte: dietro ima tenda della stanza erano andati a nascondersi dei congiurati con tanto di pugnali sguainati per uccidere, appena che entrasse, il re, il (piale per le sue gesta generose e coraggiose si era reso questa volta simpatico al pubblico. Ebbene, il re è appena entrato che al primo movimento della tenda uno grida: «Bada, t’ammazzano!». Ilarità clamorosa di tutto il teatro, rossore di vergogna dell’ingenuo spettatore, il quale senza dubbio la prossima volta

  1. H. Maudsley. The Physiology of Mind, London, Macmillan, 1876, pag. 520-521; e: The Pathology of Mind, London, Macmillan, 1895, pag. 143.