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il principio di relatività e i fenomeni ottici 73

cità si compongono secondo una legge diversa e più complicata di quella che ordinariamente si adopera. Ma su ciò dovremo ritornare in seguito.

L’aberrazione della luce.

Questo fenomeno, la cui geniale scoperta è dovuta a Bradley (1728), ha avuto una parte rilevante nella discussione delle varie ipotesi intorno al moto della Terra rispetto all’etere. Però, nell’ordine di idee in cui ci siamo posti, la teoria dell’aberrazione interessa solo per ciò che essa conferma il principio di relatività. Mostreremo anzi come valendosi di questo principio si arrivi alla spiegazione più semplice di quel fenomeno.

Una sorgente di luce (astro) invia un raggio verso l’osservatore (Terra), che per il momento supporremo si muova di traslazione uniforme rispetto ad . Se la propagazione luminosa fosse istantanea, l’astro sarebbe visto da nella direzione reale . Per esaminare come si modifichi il fenomeno nella ipotesi opposta, si può ricorrere indifferentemente ad un sistema di riferimento legato con o con . Atteniamoci alla seconda scelta, riguardiamo cioè come fisso l’osservatore e mobile l’astro . Un raggio luminoso abbandona l’astro nell’istante in cui questo occupa la posizione , e percorrendo la retta raggiunge l’osservatore dopo un certo tempo . Intanto l’astro è passato dalla posizione alla posizione . L’osservatore vede l’astro nella direzione descritta dal raggio; ma la direzione reale dell’astro nell’istante dell’osservazione è . Le due direzioni formano l’angolo di aberrazione. È l’angolo di un triangolo di cui il lato opposto ed il lato adiacente stanno nel rapporto , della velocità di rispetto a (o, ciò che fa lo stesso, della Terra rispetto all’astro) alla velocità della luce.

Se il moto relativo di e fosse traslatorio, il fenomeno di cui parliamo sfuggirebbe all’attenzione degli astronomi, giacchè solo la direzione apparente e non la effettiva vien rivelata dal telescopio. In realtà la Terra descrive un’orbita presso a poco circolare intorno al sole, l’eclittica. Ciò fa sì che l’angolo di aberrazione vari di grandezza e di orientazione nel corso di un anno, come se la posizione apparente dell’astro descrivesse, intorno alla posizione reale, un cerchio