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IL PRINCIPIO DI RELATIVITÀ


E I FENOMENI OTTICI


Introduzione.

Quando il Newton nei suoi immortali Principia poneva le nozioni di quiete assoluta e di moto assoluto, egli ubbidiva più allo spirito dei tempi che alle esigenze di uno sviluppo logico della meccanica. Il movimento di un corpo è determinato soltanto quando si assegni un secondo corpo, o sistema, a cui quel movimento possa riferirsi. D’altra parte il sistema può mutarsi con un certo arbitrio, senza che le leggi del moto si alterino. Queste enunciano solo proprietà di moti relativi, nè mai permettono di caratterizzare il moto assoluto.

La conclusione sulla relatività di ogni moto constatabile, alla quale la costruzione della meccanica ha condotto, è in pieno accordo coi risultati della critica filosofica moderna. Può esser comodo parlare di un corpo in quiete; ma la locuzione, intesa nel senso di Newton, non ha contenuto reale. Sebbene queste idee sieno ormai famigliari al mondo scientifico, tuttavia è così potente la tradizione, è così forte ancora in molti il bisogno di trovare un punto d’appoggio nell’eterno moto dell’universo, che l’antico concetto metafisico talvolta risorge ed informa spesso il linguaggio di astronomi e di fisici. Una concessione veramente vien fatta allo spirito moderno. Accanto ai corpi materiali, che entrano nella questione in esame, si introduce un mezzo ipotetico, l’etere dell’ottica e dell’elettromagnetismo, rispetto al quale si definisce il moto della materia. Ma poi si attribuiscono all’etere tali proprietà da ricostruire in esso quel sistema in quiete assoluta, di cui si credeva di esser liberati.