Pagina:Schiaparelli - Scritti sulla storia della astronomia antica, II, 1926.djvu/72


di eudosso, di callippo e di aristotele 61

oggetto di uso familiare ai Greci, l’ἵππου πέδη, la cui forma quelle curve richiamavano alla memoria.

Per completare la nostra dimostrazione occorre dunque ancora ricercare qual è l’oggetto a cui i Greci usavano dare il nome di ἵππου πέδη, e indagare se la sua forma giustifica la traslazione del nome, che Eudosso e Perseo ne fecero alle curve da loro inventate. Ora a tali questioni risponde comple-

    piano e si aggira intorno ad un medesimo punto diverso del proprio centro. Onde nascono tre specie di spira, secondo che tal punto è sulla circonferenza, o dentro della circonferenza, o fuori della circonferenza (del circolo generatore). Nel primo caso la spira dicesi continua, nel secondo implicata, nel terzo disgiunta. E ci sono tre sezioni spiriche corrispondenti a queste tre differenze». Secondo questa descrizione adunque le tre spiriche di Perseo non nascerebbero dalla stessa spira divesamente tagliata, ma bensì dalle tre diverse specie di spira tagliate secondo una medesima norma, come da tre coni di diversa specie tagliati secondo una stessa regola derivavano gli antichi le tre coniche. Però notano qui giustamente i prelodati Knoche e Maerker, questo passo trovarsi in manifesta contraddizdone colla descrizione data da Proclo medesimo in un altro luogo dei caratteri geometrici delle tre spiriche, e da me riferita qui sopra. Infatti, in qualunque modo si voglia cercare di tagliare le tre spire secondo una costante regola, non si otterranno mai tre curve, le quali quadrino esattamente con quella descrizione. Sembra dunque che il parallelo delle tre specie di spira colle tre spiriche, sia derivato da una imperfetta idea della generazione delle medesime. Ciò che aumenta il dubbio è il fatto, che nell’edizione principe di Proclo curata da Simone Grineo nel 1533 quel luogo, che qui si è stampato in caratteri corsivi, manca, e non vi si allude in alcun modo alle linee spiriche, sebbene quel luogo si trovi, col tenore qui riferito, nella versione di Barozzi e nella recente edizione di Friedlein. È da notare di più. che quelle parole: E vi sono tre sezioni spiriche ecc., sono perfettamente inutili in quella parte del discorso, che è tutta sulle superficie e non sulle linee. Ma senza dare troppo peso a queste circostanze, diremo che l’autore di quelle parole (chiunque si fosse) era forse erroneamente persuaso, che dalle tre forme di spira dovessero derivar le tre spiriche in un modo analogo a quello, con cui dalle tre varietà di cono ottusangolo, rettangolo ed acutangolo derivavano, con una sezione perpendicolare ad uno dei lati del cono, l’iperbole, la parabola e l’ellisse. Per la nostra questione tuttociò è abbastanza indifferente, risultando con evidenza dalle notizie di Proclo sull’ippopeda, che questa linea era una curva unica, ripiegata sopra sè medesima in modo da tagliar se stessa ad angolo, formando un punto doppio. La possibilità di due punti doppi è esclusa, perchè la sezione si risolve allora nell’insieme di due circoli. Dunque il piano segante la spira secondo l’ippopeda dovea esser tangente alla spira in un punto della sua parte concavo-convessa. Le forme che si possono ottenere in questo modo si riducono a tre tipi: il primo dei quali è simmetrico rispetto a due assi fra loro perpendicolari, ed è simile alla lemniscata; gli altri due sono simmetrici rispetto ad un asse solo e danno