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374 studi greco-indiani

decumanus degli agrimensori romani?1 La regola dei Çulvasûtras per tracciar questa linea con osservazioni astronomiche non è stata ancora pubblicata da Thibaut. All’incontro si trova un procedimento per tale scopo nel Surya-Siddhânta2, e questo è identico a quello trasmessoci da Vitruvio3, che consiste nell’osservazione di due ombre uguali dello stesso gnomone in un medesimo giorno, prima e dopo del mezzodi.

Partendo dal prâcî, si traccia ora una perpendicolare coll’aiuto di una fune. La lunghezza del prâcî, Fig. 6. ossia la misura est-ovest del santuario sia di 36 padas. Alle due estremità del medesimo si fissano nel terreno due piuoli4. A questi si raccomandano le estremità di una corda lunga 54 padas, e portante un nodo alla distanza di 15 padas da una delle sue estremità. Preso in mano il nodo e tesa la corda, si forma un angolo retto presso quella estremità del prâcî. La verità di questo risultato è evidente; infatti la lunghezza del prâcî, cioè 36 e le due parti della corda 15 e 39 formano un triangolo rettangolo, de’ cui lati le proporzioni ridotte in minimi numeri sono 13, 12 e 5.

Questo metodo di tendere una corda per costruire un angolo retto si incontra anche altrove. Di funi tese infatti si vale Erone (§ 25 della sua Diottrica)5 per ristabilire coll’aiuto del piano topografico i termini di una possessione, perduti ad eccezione di due o di tre. Il tendere funi era pure l’occupazione principale degli Arpedonapti (letteralmente tenditori di funi)6,

  1. Agrimensoren, p. 66.
  2. Surya-Siddhânta, p. 239.
  3. Agrimensoren, p 67.
  4. Cfr. anche A. Weber, Indische Studien X, 364 e XIII, 233 e segg.
  5. Agrimensoren, p. 25.
  6. Le strane interpretazioni affibbiate a questa disgraziata parola ἀρπεδονάπται possono leggersi nel Thesaurus Graecae linguae, ed. Dindorf (Paris, 1851-56). Tomo I, 2, p. 2032.