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del prof. m. cantor 353


Che qui si mettano in un fascio l’astronomia e l’astrologia, non offenderà gli astronomi dei nostri giorni. Non son molti anni, da che l’astrologia ha cessato di esser considerata come una scienza; e durante il lungo suo regno non ha mai rinnegato il suo vincolo coll’astronomia, che anzi sino a un certo punto usavasi considerare come la propedeutica di quella1. La cognizione di certe stelle, e le loro osservazioni dovettero certamente precedere la discussione sulle influenze dei vari astri e sul significato di questa o di quella costellazione. Così nacque l’astrologia, come sorella più giovane dell’astronomia: più seducente e meno severa di questa, trovò più numerosi e più appassionati cultori. Onde nulla ci meravigliamo che, per esempio, si siano conservate le opere astrologiche di Varāhamihira2, scrittore indiano del VI secolo di Cristo, mentre andò perduta la sua opera astronomica3.

Appunto presso Varāhamihira già fin dalla metà del passato secolo aveva il P. Pons notato le parole horâ e kendra, e raffrontatele con ὥρα e κέντρον4. Veramente non dappertutto, dove occorre, è impiegata la parola kendra per designare il centro di un circolo. Nel Surya Siddhânta, opera di cui si è servito Varāhamihira, e che quindi è a questo anteriore5, è impiegato kendra per significare la distanza di un pianeta da un centro di perturbazione6. Gioverà forse qui ricordare che presso Euclide la distanza da un centro, cioè il raggio, vien denominata ἡ ἐκ κέντρου, e che nei manoscritti greci la stessa sigla abbreviativa (un piccolo circolo con un punto centrale)

  1. Questo pensiero, certamente giusto, è stato espresso da A. H. Sayce, a proposito dell’antichissima astrologia dei babilonesi.
  2. Varahamihira morì nel 587 di Cristo, secondo relazioni di Amarâja. Bhatta Utpala inette il suo fiorire dopo il 595. Cfr. Bhau Daji, On the age and authenticity af the works of Aryabhata, Varâhamihira, Brahmagupta, Bhattotpata and Bhaskarâcârya, nel Journal of the Asiatic Society. New Series I (Londra, 1865), pp. 392-418.
  3. Journal of the American Oriental Society, vol. VI (New Haven, 1860), p. 317 della traduzione del Sûrya Siddhânta fatta da Burgess con annotazioni di Whitney.
  4. Weber, Literaturgesch., p. 273.
  5. Sûrya Siddhânta, p. 421.
  6. Sûrya Siddhânta, p. 202. Ivi, p. 215, la notizia, che kendra significhi anche, specialmente presso i commentatori, centro d’un circolo. Ivi pure, p. 178, horâ=ὥρα.
Schiaparelli - Astronomia II 23