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di cronologia astronomica 323

sapeva il valore esatto), quella del gran ciclo di 36525 anni, ecc.; circa i quali periodi i monumenti sono affatto muti.

L’Autore ha raccolto pazientemente tutte le notizie contraddittorie e poco sicure, che si hanno dei calendari usati in Arabia prima di Maometto. Le numerose iscrizioni dell’Arabia meridionale hanno fatto conoscere i nomi dei mesi del calendario Sabeo. È sommamente probabile che almeno una parte degli Arabi pre-islamici usasse un calendario lunisolare, intercalando, quand’era necessario, una tredicesima luna, come consta aver fatto tutti i popoli di lingua affine, per esempio i Babilonesi, gli Ebrei ed i Fenici. Maometto si dichiarò contrario a questa pratica, e la prescrizione del Corano a tale riguardo è notevole per la sua forma. «Per ordine divino il numero dei mesi è di dodici. Così sta segnato nel libro di Dio, fin dal giorno in cui Egli creò il Cielo e la Terra. Quattro di questi mesi sono sacri. Così prescrive la vera religione. Mutare posto ad un mese sacro è un atto da infedele. Gl’infedeli si sbagliano. In un anno ammettono un certo mese e in altro anno non lo ammettono più, perchè torni il conto dei mesi consacrati da Dio, e così permettono appunto ciò che Dio ha proibito». Così nacque l’anno Maomettano di 12 lune senza mese intercalare, usato anche oggi dal Marocco alle isole della Malesia; del quale la perpetua discordanza dal corso del Sole ha creato imbarazzi non pochi ai popoli che vivono di agricoltura, specialmente per la riscossione delle imposte sui prodotti agrari, che naturalmente può farsi soltanto secondo il periodo dell’anno solare. Anche gli Arabi, come gli Ebrei loro fratelli di stirpe, hanno usato da tempo immemorabile la settimana, adottando però come giorno festivo il Venerdì invece del Sabato degli Ebrei e della Domenica dei Cristiani.

Nella trattazione dei calendari Iranici l’Autore, più fortunato di Ideler, ha potuto appoggiarsi all’interpretazione, ai nostri tempi molto progredita, dello Zendavesta e presentar una descrizione più completa; in ciò anche profittando delle nuove notizie fornite da Albiruni. Ma le questioni d’origine, già così dottamente trattate da Ideler, non hanno fatto da questo in poi alcun passo notabile, malgrado le ipotesi ingegnose proposte a questo fine. L’uso del calendario Iranico, sotto forme fra loro poco differenti, si diffuse nei secoli di mezzo su gran parte dell’Asia occidentale dal Golfo Persico ai monti Altai, e dall’Halys all’Indo. Tutti sono appoggiati