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presso i greci 151

vi. il sistema planetario eliocentrico

considerato come ipotesi geometrica possibile.


35. Credo che oramai nella mente di chi legge non sia rimasto più alcun dubbio, che veramente i Greci dalle idee di Eraclide Pontico circa il moto eliocentrico di Mercurio e di Venere siano stati condotti ad ammettere un simile moto eliocentrico anche per i pianeti superiori, arrivando così al sistema di Ticone. Una prova evidente ne abbiam trovato nella descrizione che Apollonio di Perga ci ha lasciata dell’ipotesi degli eccentri mobili, il cui centro si rivolge intorno alla Terra nel periodo di un anno, e perciò da lui stesso è indicata come applicabile soltanto ai tre pianeti superiori. Da qual altra fonte infatti, fuorché dal concetto ticonico, poteva derivare l’idea abbastanza recondita dell’ipotesi suddettanota, obbligata qual’è a uno dei suoi periodi, limitata nel suo possibile uso, e per di più non molto opportuna (quantunque pienamente rigorosa) per dare con chiarezza intuitiva e capace di persuadere anche i non geometri, una spiegazione delle stazioni e delle retrogradazioni? Adunque il risultato qui sopra enunciato è frutto d’induzione sicura, sebbene le dirette testimonianze di esso si possono considerare come irrevocabilmente perdute per noi.

36. Ora dal sistema ticonico a quello di Copernico è noto esser brevissimo brevissimo il passo. La questione è ridotta a considerare il il moto relativo del Sole e della Terra. Da una parte abbiamo la Terra con un satellite, la Luna; dall’altra il Sole, corteggiato da cinque satelliti, che sono i cinque pianeti minori, dei cui giri esso forma il centro. Se la Terra supponiamo fissa, ed il Sole facciam che giri intorno ad essa sempre restando dentro alla circolazione dei cinque pianeti, abbiamo il sistema di Ticone. Se invece poniamo fisso il Sole, e con esso il centro

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  1. Tanto recondita, che fino agli ultimi tempi e passata inavvertita o non bene intesa anche dai più acuti indagatori di questa parte della storia scientifica. Veggansi a tale proposito le significanti osservazioni di H. Martin sugli eccentri di Adrasto nelle note alla sua edizione di Teone Smirneo, pp. 111, 114, 119, 125, e principalmente p. 379, dove Adrasto è accusato d’essere, ma a tort. Gli effetti da lui descritti sarebbero falsi, se si trattasse di eccentri fissi; ma Adrasto parla di eccentri mobili; e per questi sono verissime le sue affermazioni.