un’abile combinazione di parole si credeva di render ragione di qualsiasi più arduo problema, furono fatte eruditissime e vanissime discussioni sulla natura delle stelle cadenti. Soltanto nel 1798 due studenti di Gottinga, Brandes e Benzenberg, giunsero a comprendere, che per sapere alcuna cosa intorno ad esse era necessario prima farsi un’idea esatta del luogo dov’esse appajono. A nessuno fino allora si era presentata l’idea, pur così semplice e naturale, di applicare alla misura della loro altezza e della loro distanza quelle medesime regole di geometria elementare, delle quali fa uso qualunque topografo per determinare la distanza di una torre o l’altezza di una montagna. Dalle loro misure, e da quelle, che dopo di loro con egual modo furono instituite, si dedusse che le stelle cadenti non sono visibili negli spazi planetari, che esse non arrivano all’altezza della luna, anzi neppure alla millesima parte di questa altezza; le stelle cadenti si accendono nelle regioni più elevate della nostra atmosfera, ad altezze che di rado oltrepassano 100 o 120 miglia italiane, e raramente discendono più basso che 40 o 50 miglia: onde tutta la loro carriera luminosa si compie in una regione dove l’aria è estremamente rarefatta, anzi dove, secondo certe opinioni ora antiquate, non vi avrebbe dovuto più essere aria.