Pagina:Scherzi morali del prof. Francesco Rapisardi, Catania, Pastore, 1868.djvu/60

Eh! ma vi par che sia cosa da nulla
     Vincere un cor di donna così bella?
     Mai no, con questa qui non si trastulla,
     Che non è pari a ogni altra damigella.
     Con lei non giova il protestarle affetto,
     Che se finto è l’amor lo legge in petto.
E veder sa pur anco in fondo al core
     S’unqua Superbia il marchio suo v’impresse;
     Se mai la Vanitate, a cui l’Errore
     Dietro sen va, ivi sua stanza elesse;
     Se d’altra donna v’è l’imago, e se
     Il suo solo pensiero ella non è.
Quindi batter convien tutt’altra strada
     Di quella, che si tien comunemente,
     Tanto più che a bellezza ella non bada,
     E della nobiltà sen cura un niente;
     In ogni amante questo sol richiede:
     Non curanza a patír, coraggio e fede.
A chi veder la vuol più da vicino
     Gli è giocoforza, se pur è da tanto,
     Andar per sotterraneo cammino,
     Pien di rovi nell’uno e l’altro canto,
     Malagevol così, stretto e sì basso,
     Che camminar bisogna a lento passo.
A tratto a tratto per lampi di face
     Ci si vede un pochino a tratto a tratto,
     Sola guida è l’amor, maestro e duce,
     Null’altro messaggier rinviensi affatto.
     Oh! misero colui, che, pien d’orgoglio,
     Alza la fronte e grida: Ir solo io voglio.
Perchè, nel sollevar l’altera testa,
     Fra le spine dibatte e ’l terrapieno,
     E andrà, se in tanto ardir mai non s’arresta,
     Lordo di sangue e di vil fango pieno.
     Se l’urto è forte casca, e ben mi pare,
     Che ’l sangue lorderà fin quell’affare.