Pagina:Scherzi morali del prof. Francesco Rapisardi, Catania, Pastore, 1868.djvu/43


Oh! sì, che m’ama la donzella mia!
     Zitte un pochino, eccola qui, la viene.
     Che grazie, veh! che grazia e simpatia!
     Metto le lenti, ma ci vedo bene.
     Zitte! ch’io fingerò di non vederla,
     La gioia mia, l’oriental mia perla.
È a braccio a un cavalier de’ più galanti,
     Che guardi, dice, damigella guardi,
     Conosce quel signor, che mette i guanti?
     Lo conosce? Gli è desso il Rapisardi.
     — Altro! se lo conosco il seccafistole
     Dall’amorose, insulse e lunghe epistole. —
Al nojoso ciarlon caschi la lingua
     Quando s’accinge a favellar d’amore,
     Non ha mica un blason, che lo distingua,
     D’un centesimo a niun va debitore.
     Chi amar, poffare il ciel! chi mai potria
     Un meschin professor di Geometria?
Eh! ci vuol altro che la matematica
     Per vincere in amor, brutto somaro,
     Non ci vuol testa, ma ci vuole pratica,
     Non ci vuol core, ma ci vuol denaro,
     Non ci vuole dottrina e non virtù,
     Basta solo un pochin di sangoe bleu.
Se non divengo, donne, catalettico,
     Se il sangue non mi secca entro le vene,
     Se non mi coglie un gran colpo apoplettico,
     È miracol di Dio, che mi sostiene.
     A pietà muoverei financo i sassi,
     Ella non cura, e volge altrove i passi.
Ah! deh! per carità, datemi aiuto!
     Io mi sento mancar, perdo la testa!
     E chi mai, chi l’avrebbe, ahimè, creduto?
     La Petronilla mia proprio l’è questa?...
     Pur troppo ell’è.... conosco ben la voce,
     E me l’ho fatto il segno della croce.