Pagina:Scherzi morali del prof. Francesco Rapisardi, Catania, Pastore, 1868.djvu/11

La pittura vorrei farvi del viso,
     Mostrarvi l’acutezza del suo naso,
     Il fornicino dove sta il sorriso,
     L’acuto mento ver l’in su rimaso,
     Ma, per conoscer ben qual’ella sia,
     Guardate quà la sua fotografia.
Più grossa d’una botte delle grosse
     Chinarsi a stento può per un saluto,
     Eppur pretende far tutte le mosse
     D’un’uccellin, che il nido ha già perduto.
     Pretende, dico, far quel, che voi fate,
     Ma voi, che belle siete, inebriate.
Che far, donnette mie, che far poss’io,
     Se il ritratto, che ormai volli mostrare,
     Al vostro tocca anzi che al sesso mio?
     Eh! nulla! Non vi dia ciò da pensare,
     Anzi potete dire in pien consesso:
     Un mostro pur l’abbiam net nostro sesso!
Se parlate di canto, ella cantava,
     Però da qualche di tutto ha lasciato;
     Se sapete suonare, ella suonava,
     Ogni cosa oramai l’ha tediato;
     Ed indirettamente manifesta
     Chiaro che l’età sua non è più questa.
Or se di chi che sia fra voi partate,
     Ella sempre vuol dir, nè mai si tace;
     La corda più sonora voi tọccate,
     La sua scienza maggior vi svolge in pace,
     Se dei suoi frizzi parla e del suo brio,
     Si resta a bocca aperta, in fè di Dio.
Vince nel perorare ogni oratore,
     S’agita tutta, urla, v’afferra e grida,
     Alza le mani in alto a far terrore,
     E quasi quasi par che li vi uccida,
     E se vi cava gli occhi non le cale,
     Sarà quello soltanto il meno male.