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III.


DE RUINA MUNDI.


1472.


Se non che pur è vero e così credo,
     Rettor del mondo, che infinita sia
     Toa providenzia; nè già mai potria
     Creder contra, perchè ab experto el vedo;
     Talor serìa via più che neve fredo,
     Vedendo sotto sopra volto el mondo,
     Et esser spenta al fondo
     Ogne virtute et ogne bel costume.
     Non trovo un vivo lume,
     Nè pur chi de’ soi vizii se vergogni:
     Chi te nega, chi dice che tu sogni.

Ma credo che ritardi, o Re superno,
     A magior pena de’ soi gran defetti;
     On pur ch’è forsi appresso, e tu l’aspetti,
     L’estremo dì che fa tremar l’inferno.
     A noi virtù non tornarà in eterno.
     Quivi se estima chi è de Dio nemico.
     Catone va mendico;
     Ne le man di pirata è gionto il scetro:
     A terra va San Pietro;