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36 capitolo nono

a Gitone, che ci avea assistito graziosamente come un famiglio, di seguirci al bagno.

Frattanto ci diemmo a gironzare, anzi pure a trastullarci, e entrar pe’ circoli de’ giocolieri, quando ad un tratto vidimo un vecchio calvo vestito di un palandrano rossiccio, che stava giocando alla palla con alcuni fanciulli a lunghi capegli. Nè furon tanto i fanciulli, che a quello spettacolo ci trattenessero, sebben degno ne fosse, quanto quel nonno25 che alla palla esercitavasi coi calzari. Ei non ribattea la palla, che avea toccato il terreno, ma un servo ne avea pieno un sacco, quanto ai giocatori bastava.

Varie altre novità rimarcammo. Eranvi due Eunuchi posti in diversi punti del circolo, de’ quali un teneva una mastelletta d’argento, l’altro noverava le palle, non quelle però, che gioco facendo lanciavansi colle mani, ma quelle che cadeano.

Intanto che ammiravamo cotai splendidezze, Menelao venne a noi dicendo: questi è colui, presso il qual mangerete. Non vedete voi che così principia la cena?

Ancor discorrea Menelao, quando lo splendidissimo Trimalcione fe’ scoccare i suoi diti, e a questo segno l’eunuco mise una mastelletta sotto al giocatore, il quale scaricovvi entro la vescica, poi chiese l’acqua alle mani, e i diti appena umidi sul capo di un ragazzo asciugò. Lunga cosa sarebbe descriver tutto. Entrammo ne’ bagni, e al momento che il sudor ci coperse passammo al fresco.26

Trimalcione già tutto strofinato di manteche faceasi fregare non con lenzuoli di lino, ma con mantelli di finissima lana. Tre di quei mediconzoli intanto trangugiavan falerno alla di lui presenza, e perchè gareggiavano a chi più ne versava, Trimalcione dicea loro, che bevessero pure allegramente il suo vino. Involto quindi in una tovaglia di scarlatto fu messo in lettica, cui precedeano quattro adorni lacchè ed una carretta