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viii

Weidmannos, 1862); di che se abbiamo le sozze inventive di Elefantide, le abbiam almeno di mano di Giulio Romano.

Il Burmanno dà lode a Petronio di avere rappresentato con parole onestamente velate le cose disoneste che aveva a mano; ma ci pare sollecitudine d’ingegno, che raffina le idee del piacere, non studio di modestia. Sarà quella nube di lino, quell’aer tessuto, (nebula linea, ventum textilem), com’egli chiamava il velo onde si velavano le saltatrici, che il Dufour dice essere state le stesse che quell’almee, le quali hanno conservato nell’Indie la tradizione dell’antica voluttà. Nube che non nascondeva la bellezza, ma ne facea maggior bramosia. Anche questo velo è tolto nella presente versione, e l’idioma italiano, meno sfrontato del latino, ne sente rossore.